Qualcuno di voi conosce l’ (ex) pilota Giampiero Gibelli?
Ha scritto sul suo blog
http://zenitsulmare.myblog.it/archive/2009/02/10/rally.html
questo bel racconto che riporto. Protagonista una Fulvia HF naturalmente
rally...
In quegli anni la Lancia si doveva confrontare con le più potenti Porsche e le più leggere e scattanti Renault. La Fulvia sembrava partire svantaggiata da questo confronto, ma i pochi che riuscivano a capirla e guidarla nel modo dovuto, venivano ampiamente ripagati dai risultati. Fra tutte le auto più o meno competitive non era la più potente ne la più prestigiosa, tuttavia la preferivo per la difficoltà nel guidarla. Era superba, ostica, imprevedibile, caratteristiche che in una donna non mi sarebbero piaciute. In quella macchina erano invece affascinanti e, al contrario degli altri piloti che si arrendevano presto a queste difficoltà, ne venivo stimolato. Sapevo, che guidata con precisione e senza affanno, quasi accarezzandola come fosse un delicato strumento musicale si ottenevano grandi soddisfazioni, come riuscire a far meglio di auto molto più potenti e blasonate dal costo circa doppio. La Lancia Fulvia Coupe HF era per me (in certi momenti) come un'amante con la quale dividevo complicità e sensazioni che andavano aldilà della competizione con gli altri, ma che godevo anche durante le prove solitarie o nei trasferimenti. Il piacere raggiungeva il culmine nei percorsi invernali, attraversando in piena notte le foreste con la strada e gli alberi imbiancati dalla neve. Era uno spettacolo stupendo che faceva dimenticare le difficoltà economiche affrontate per poterla avere. Quella notte dovevo collaudarla nel suo insieme per verificarne l'equilibrio generale, e avevo deciso di andare solo. Mi sono riposato il pomeriggio per poter affrontare la notte con lucidità, la macchina è pronta, mi sento bene. Guardo dalla finestra la rossa sagoma della Fulvia acquattata sulle ruote. Sembra aspettarmi con pazienza e complicità, come sapendo che insieme faremo grandi cose. Mi piace tutto di lei, come quando si è innamorati. Anche quell'handicap di potenza che molti gli rimproverano, per me non è che uno stimolo che alimenta la sfida. So che il tempo inevitabilmente perso in salita è recuperabile con una dose di temerarietà (e un pizzico di incoscienza) in discesa o in curva, dove i cv sono meno importanti, "staccando" in ritardo rispetto agli avversari. Sono pronto, mi infilo al posto di guida metto il contatto. Il ticchettio della pompa di alimentazione elettrica che riempie di benzina i carburatori è l'unico suono nella notte. Attendo qualche secondo, premo il pulsante di avviamento, il motore fa sentire il suono non sostituibile con alcuna sinfonia. Fa freddo, ma scivola su di me lasciandomi indifferente. Il parabrezza, gelato nel suo perimetro, mi consentirebbe di vedere abbastanza per partire subito, tuttavia devo aspettare che il motore raggiunga una temperatura accettabile. Mentre tengo con l'acceleratore il motore al regime adatto, immagino come si muove la meccanica al suo interno, le varie fasi del ciclo, i pistoni che salgono e scendono all'interno dei cilindri, le bielle che li collegano all'albero motore, le valvole che si aprono e chiudono in sincrono, e l'olio ancora denso che alimentato dalla pompa lubrifica il tutto. In questo momento non riesco ad immaginare un luogo più desiderabile nel quale vorrei essere. Il liquido di raffreddamento a raggiunto la temperatura che mi consente di partire, premo il comando della frizione, innesto il primo rapporto e avvio dolcemente la Fulvia. Ho molto rispetto per la meccanica della mia macchina, non solo perché ripararla è costoso, ma la considero quasi una cosa viva. In pratica non la guido, ma è come se dialogassi con lei. Anche nei momenti più impegnativi quando sembra essere recalcitrante ad inserirsi in curva, con quel motore a sbalzo anteriore che la forza centrifuga sembra trascinare all'esterno di ogni curva affrontata velocemente. Questo è per me il suo fascino. Inserirla rapidamente è tuttaltro che semplice, ma è come se mi invitasse a capirla sempre più, in modo da riservare solo a me i suoi segreti più intimi. Comincio a vedere la neve ai lati della strada, presto diventerà un manto unico e compatto, soltanto più battuta sulla carreggiata. Aumento la velocità approfittando del traffico inesistente per testare l'assetto sull'asfalto. I Pirelli CN36 aderiscono piacevolmente e mi invitano a cercare il limite della Fulvia. Il cambio da Rally a rapporti ravvicinati è preciso e immediato, le marce si susseguono velocemente. Mi sento perfettamente in simbiosi con la macchina e insieme ci opponiamo alla forza centrifuga che vorrebbe buttarci fuori per la tangente ad ogni curva. Tenendo l'avantreno all'interno ne evito il deciso sottosterzo che la caratterizza. I fari come sciabolate nella notte cercano con impazienza la curva sucessiva. La scocca sembra torcersi per lo sforzo, ma tutto è sotto controllo. I dischi dei freni sono ormai roventi come usciti da una forgia, e so che all'esterno sono visibili attraverso le finestrelle dei cerchi ruota, tuttavia hanno conservato in buona parte la loro efficacia. Tutto procede per il meglio, l'assetto mi soddisfa e posso fermarmi da un distributore dove ho lasciato in precedenza i Pirelli da neve/ghiaccio. Il proprietario, un po' assonnato, mi saluta cordialmente e mi chiede informazioni sulla prossima gara, mentre mi aiuta a sostituire le ruote con pneumatici MS. La luce fredda dei neon si riflette sull'asfalto bagnato, avvolgendo la sagoma della Fulvia HF. Per un'attimo mi fa pensare ad un'armatura. Le sue ruote, con 350 chiodi che sbucano sfavillanti per due millimetri dalla gomma, brillano sinistri nella notte, ricordandomi le mazze armate usate dai cavalieri del medioevo. Riparto dopo il rifornimento, la Fulvia, come per incanto cambia completamente temperamento. Lo sterzo si è fatto leggero in conseguenza della riduzione di attrito per l'interposizione dei chiodi tra gomma e asfalto. Adesso sembra un'altra macchina. Ma questa è una esperienza che ho già acquisito in passato, per cui proseguo con tranquillità. La guida è completamente cambiata, a macchina scivola da una curva all'altra, l'aderenza è molto ridotta. Ogni manovra richiede un notevole anticipo. Si rende necessario calcolare i tempi con assoluta precisione, poichè ogni correzione può essere attuata solo assecondando la vettura e non costringendola ad inserirsi in curva. I freni non vengono praticamente usati. Per ridurre la velocità è più efficace "intraversare" la macchina. Inizia quella che si può paragonare a una danza. La Fulvia scivola da una curva all'altra con l'eleganza di una ballerina e vuole essere guidata con estrema dolcezza. Tutti i comandi vanno sfiorati, senza gesti bruschi, senza impegnare alcuno sforzo fisico ma concentrandosi e fondendosi con tutta la meccanica, prevedendone ogni reazione. Aumentando o diminuendo la potenza si ottiene il trasferimento di carico necessario per rendere la vettura sottosterzante o sovrasterzante. Adesso il manto stradale è completamente bianco e così tutto quello che mi circonda. I chiodi mordono il ghiaccio e la situazione (pur nella precarietà dell'aderenza) diventa più divertente, anche perchè i muri di neve ai lati della strada ridurrebbero le conseguenze di un eventuale errore. Adesso lo spettacolo è impagabile; i rami degli alberi piegati sotto il peso della neve, la visibilità perfetta per i riflessi di tutto quel candore. I cristalli di ghiaccio che brillando come diamanti amplificano l'efficacia dei proiettori supplementari da gara. Sono le tre di mattina e sono assolutamente solo su strade abitualmente poco frequentate. Posso vedere in lontananza malgrado le curve e quindi, osare senza mettere a repentaglio l'altrui incolumità. Tutti i sensi sono attivati, il suono del motore è un barrito nella notte. Ad ogni accelerata i carburatori orizzontali da 45 spalancano le "farfalle" e ingoiano aria e carburante. Sento il leggero sibilo dei ruotismi del cambio, controllo gli strumenti con un rapido sguardo. Adesso siamo una cosa sola io e la Fulvia. Ogni parte di lei è un prolungamento del mio corpo. Niente mi sfugge, è come se le mie estremità accarezzassero la strada. Ad ogni movimento della sospensione come se piegassero i miei arti. Quarta, quinta 5000 giri/m la velocità circa 130km/ora. Adesso non è più sufficiente dosare l'acceleratore per inserire la macchina nei curvoni ad ampio raggio. Continuando ad accelerare con il piede destro, con il sinistro doso i freni in modo che le ruote posteriori, non trascinate dalla trasmissione, abbiano un numero di giri inferiori a quelle anteriori e, perdendo aderenza, provochino una leggera sbandata del retrotreno, consentendo di controllare l'asse della vettura. La stessa tecnica è necessaria nelle curve strette e nei tornanti affrontati a velocità da gara poiché la Fulvia, guidata in modo tradizionale, non vuole saperne di inserirsi correttamente in curva. Scorgo in lontananza dei fari che si avvicinano, dalla potenza luminosa intuisco che si tratta di un'altra macchina da gara...
giampiero