Articolo sulla Fulvia coupe' prototopo
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Lancia Fulvia, il sogno ritrovato
di ALFIO MANGANARO
ore 18.5 del 27 ottobre 2015
Così uno straordinario gruppo di giovani manager fece nascere uno dei prototipi più belli della storia
Correva l'anno 2003 e il Gruppo Fiat era nel pieno di una bufera che ne minacciava addirittura la sopravvivenza. Il marchio Lancia era da poco gestito un gruppo di "ragazzi", come li definì Quattroruote nella controcopertina a loro dedicata. Ragazzi che partendo dalla Lancia, hanno raggiunto posizioni di grande prestigio nel mondo automotive: Luca de Meo, Fabrizio Longo, Giovanni Perosino, Flavio Manzoni e Alberto Di Lillo.
Questo gruppo straordinario di giovani manager, proprio in quegli anni gettò le basi per la futura sopravvivenza della Lancia con la realizzazione di modelli di grande successo come la Ypsilon (terza serie) e la Musa.
Ma il loro vero capolavoro fu un modello che non vide mai la luce, in parte per motivi legati proprio al difficile periodo che attraversava l'Azienda, stiamo parlando della show car Fulvia Coupè.
Lancia è una delle poche case automobilistiche al mondo che può veramente vantare appassionati esigenti, amanti della bellezza e, al tempo stesso, profondi conoscitori della tecnologia più sofisticata. Del resto, esisteva un fil rouge che legava tutte le vetture Lancia: la ricerca continua dell'innovazione abbinata alla più esclusiva artigianalità italiana. Una ricerca essenziale non solo allo spirito della Lancia, ma anche al progresso stesso dell'automobile che ha prodotto centinaia di brevetti depositati, geniali invenzioni, realizzazioni pratiche messe a punto in quasi un secolo.
Per la genesi della nostra storia bisogna risalire al 1965, quando al Salone di Ginevra, la Lancia presenta la Fulvia Coupé, una vettura potente, equilibrata e assolutamente unica per le soluzioni meccaniche adottate. Punti di forza del modello erano il motore 4 cilindri a "V stretto"; il telaio anteriore ospitava il gruppo motopropulsore; la sospensione anteriore a quadrilateri; l'impianto frenante a 4 dischi con doppio circuito idraulico e servofreno.
Della "Fulvietta", che era un bell'esempio di quella "elegante sportività" che da sempre caratterizzava la produzione Lancia, ne furono costruiti 140 mila esemplari.
I designer del Centro Stile Lancia hanno sempre avuto un sogno nel cassetto: riproporre la Fulvia Coupé come se idealmente la sua evoluzione stilistica non si fosse mai interrotta. Finalmente i "ragazzi della Lancia" si batterono e riuscirono a farsi approvare almeno la realizzazione di una "Show car" da salone. L'approccio al progetto stilistico fu da subito molto chiaro per Manzoni e Di Lillo: nessuna indulgenza nostalgica, ma una rilettura in chiave contemporanea del concetto e degli stilemi originali del brand.
La freschezza e il dinamismo della linea dovevano essere al primo posto, senza però tradire il feeling che era capace di trasmettere la Fulvia disegnata da Castagnero nel 1965, un raffinatissimo mix di eccentricità, eleganza, pulizia estetica e sportività.
Quindi un coupé assolutamente moderno, anzi occasione per esplorare soluzioni estetico-ingegneristiche capaci di improntare anche la futura produzione Lancia, ma portatore di una grande forza evocativa per chi all'epoca l'aveva desiderata e sognata.
Le dimensioni e l'architettura tre volumi della show car Fulvia Coupé erano praticamente sovrapponibili a quelli della precedente, ma con una carreggiata allargata per dare più stabilità e una maggiore robustezza alla vettura. L'impianto generale si ispirava vagamente agli eleganti motoscafi Riva d'epoca, caratterizzati dalla coda tronca, da un volume estremamente dinamico e da una prua fendente.
La Fulvia Coupé del '65 era riconoscibile da una caratteristica leggerezza del volume, ancora più evidente nella parte posteriore, mentre la nuova show car avrebbe dovuto avere un aspetto più muscoloso, ma alleggerito da un trattamento della parte inferiore della vettura "sfuggente" verso la coda.
Il frontale, dall'aspetto aggressivo, era connotato da un ampio cofano smussato, e da fari costituiti da moduli hi-tech e da una "palpebra" dal profilo alare, che estendeva visivamente il profilo del cofano al di sotto del trasparente.
La coda rappresentava, invece, la logica conclusione di tutto il trattamento formale dell'oggetto, non poteva mancare la citazione del famoso "specchio di poppa" così fortemente connotativo nel modello precedente, che sottolineava la coda e racchiudeva senza fronzoli i fanali a sviluppo verticale.
Il colore di carrozzeria scelto fu l'"Avorio Tristrato", che contrastava armoniosamente con il "Testa di Moro" della pelle che avvolgeva tutto l'abitacolo. Quest'ultimo riprendeva una chiara impronta anni Settanta, grazie ai particolari realizzati al tornio a controllo numerico che ricordavano i comandi iridescenti degli hi-fi dell'epoca, e all'essenza che rivestiva l'inserto centrale della plancia e il ponte sul tunnel, il Tanganika Frisé, un legno dall'aspetto "setoso" e dalle cangianze metalliche.
L'interno, a "due posti secchi" con vano bagagli addizionale sotto cappelliera, si ispirava esteticamente a quello originale, sempre con un approccio moderno ed essenziale, senza venir meno alla raffinatezza e al tocco di sportività che competono ad una Lancia di questo genere. Come dimostrava anche un esclusivo set di borse realizzato appositamente per la show car da Trussardi, utilizzando pellami pregiati e originali, che rappresentavano la combinazione perfetta tra mood e funzionalità.
La plancia, formata da due gusci contrapposti sellati a mano che abbracciavano l'inserto in legno, era circondata da un guscio che si distendeva morbidamente fino alla parte posteriore dei pannelli delle porta.
Completavano il tutto una strumentazione analogica a tre quadranti dal disegno di ispirazione nautica e dal color perlato e una "piastra" metallica di interfaccia che raccoglieva tutte le funzioni infotainment e climatizzatore.
Il volante a tre razze metalliche presentava un modulo air-bag cilindrico e una corona sellata in pelle. Infine i sedili, dal profilo sportivo ed ergonomico, richiamavano quelli della progenitrice Fulvia Coupé per l'effetto avvolgente dato dalla "fascia" a ferro di cavallo, che abbracciava lo schienale offrendo un ampio supporto laterale.
Tutto il progetto di stile del Concept Fulvia Coupé non va considerato un puro esercizio di design. Infatti, tutti i particolari esterni della vettura furono studiati per contenere il coefficiente aerodinamico. Il lavoro svolto è testimoniato dal buon valore di velocità massima 213 km/h, ottenuto partendo da una potenza comuinque contenuta per il tipo di veicolo: 140 CV (103 kW) a 6400 giri/min.
Inoltre, l'attenzione alla leggerezza, ottenuta grazie all'impiego dell'alluminio per la realizzazione della carrozzeria, consentì di contenere il peso sotto i 1000 kg., pesava infatti esattamente 990 kg, un valore di assoluto rilievo per il tipo di auto, che le garantiva un eccellente rapporto peso/potenza (7 kg/CV) ed un'accelerazione da 0 a 100 km/h in 8,6 secondi. Tutto ciò, ovviamente, si traduceva anche in un contenimento dei consumi, nel ciclo combinato non superano i 7,3 l/100 km.
Il prototipo Lancia era equipaggiato con un "4 cilindri" 1.8 16v dotato di variatore di fase e adottava una sospensione anteriore McPherson, con montanti telescopici, molle elicoidali coassiali e bracci inferiori. La geometria, pur relativamente semplice, permetteva insieme ai pneumatici Pirelli PZero Nero, di assicurare un comportamento dinamico di buon livello. Completava il quadro tecnico la sospensione posteriore a bracci longitudinali con barra antirollio, l'impianto frenante a 4 freni a disco con gli anteriori autoventilanti e l'impianto antibloccagggio dei freni.
Per una precisa scelta non furono introdotti altri sistemi elettronici di assistenza quali antislittamento e controllo della stabilità poiché si volle mantenere una purezza di una guida sportiva "old style" .
La show car ebbe immediatamente un grande successo di critica e di pubblico, lo stand Lancia a Francoforte venne letteralmente preso d'assalto prima dai media, poi dagli appassionati che apprezzarono da subito una vettura, seppure sperimentale, di grande personalità e fascino, che per anni rimase nei sogni di tanti.